In questa pagina abbiamo cercato di evidenziare come lavorare con gli alunni attraverso i problemi sia un buon modo per coltivare le loro competenze, facendo riferimento alle competenze chiave per l’apprendimento permanente descritte nel Quadro di riferimento allegato alla Raccomandazione del Consiglio Europeo del 22 maggio 2018.
L’ordine che abbiamo utilizzato è quello con il quale le competenze chiave compaiono nel Quadro di riferimento europeo. Ove non diversamente esplicitato, le parole in corsivo e le citazioni inserite nei paragrafi seguenti sono tratte proprio da questo Quadro di riferimento.
Così come le competenze chiave si sovrappongono e sono interconnesse, così anche le nostre osservazioni riferite all’una o all’altra di queste competenze spesso ne riguardano anche altre.
Indice
Competenza alfabetica funzionale
I problemi di matematica che qui proponiamo sono problemi che generalmente vengono veicolati dall’insegnante allo studente tramite un testo.
A scuola, siamo talmente abituati a problemi di questo tipo (potremmo chiamarli “problemi verbali”) che possono sembrarci gli unici problemi possibili, ma non è così.
Un problema può nascere dall’osservazione di un oggetto, dal voler costruire qualcosa che risponda a certe necessità, dal voler riprodurre un disegno o un certo materiale. Anche per problemi di questo tipo può essere necessario passare dalla situazione concreta alla formulazione di un testo che la descriva e che espliciti le domande che ci si pone, ma il punto di partenza è diverso.
I “problemi verbali” costringono gli alunni a esercitare la propria competenza alfabetica funzionale fin dal momento in cui devono leggere, comprendere e interpretare il testo che viene loro assegnato dall’insegnante. Questo fatto è evidente, in particolar modo, in problemi il cui testo è molto lungo, come I cappelli di Giuliano.
Non solo: letto il problema, per poterlo risolvere gli alunni devono mettere in atto la propria capacità di valutare informazioni e di servirsene. Questa necessità si presenta di fronte ad ogni problema (anche quelli non verbali, nei quali le informazioni vengono ricavate non da un testo ma da un’altra fonte). Balza però particolarmente all’occhio in alcuni casi, come in Tre indirizzi: le informazioni essenziali per risolvere questo problema rimangono nascoste a chi legga il testo in modo approssimativo, magari dando per scontato (come a volte succede) che tutte le informazioni significative per affrontare un problema di matematica stiano (soltanto!) nei numeri.
Infine, nel raccontare agli altri la soluzione trovata, gli studenti allenano la propria capacità di formulare ed esprimere argomentazioni in modo convincente e appropriato al contesto. In alcuni problemi la richiesta di argomentare è implicita nella modalità con cui si propone di affrontarli, ossia nel lavoro in gruppo (come convincere altrimenti gli altri componenti del proprio gruppo o gli alunni di altri gruppi?); in alcuni problemi, come Colorare un cubo, è invece una richiesta esplicita.
Di più: il fatto di lavorare in gruppo dà l’occasione agli alunni di dialogare tra loro, per cercare di capire ciò che dicono gli altri e di far capire agli altri ciò che si ha da dire. Risolvere un problema in un gruppo tra pari allena gli alunni alla disponibilità al dialogo critico e costruttivo, all’interesse a interagire con gli altri e contribuisce a renderli consapevoli della necessità di capire e usare la lingua in modo positivo e socialmente responsabile.
Competenza multilinguistica
I motivi per cui pensiamo che lavorare attorno ai problemi di matematica possa contribuire a sviluppare la competenza multilinguistica degli alunni sono sostanzialmente due.
Da un lato l’insegnante potrebbe proporre agli alunni problemi il cui testo sia scritto in un’altra lingua. In rete si trovano alcune belle raccolte di problemi in inglese, francese, spagnolo, portoghese…:
- i “Problemi per bambini dai 5 ai 15 anni” di V. I. Arnold sul sito IMAGINARY open mathematics nella versione originale russa e nelle traduzioni in inglese, tedesco, spagnolo, vietnamita, italiano e turco;
- i problemi in inglese raccolti sul portale YouCubed (un progetto della Stanford University);
- ancora in inglese i problemi raccolti sul sito NRICH (un progetto della University of Cambridge);
- sempre in inglese i problemi (ciascuno dei quali è costruito attorno ad una fotografia) di Problem Pictures, un sito della Australian Association of Mathematics Teachers;
- in spagnolo i problemi raccolti su Tocamates, sito curato da Joseángel Murcia, professore associato di magistereo presso la Facultad de Educación della Universidad Complutense di Madrid;
- in francese (ma anche in italiano) i problemi del Rallye Mathématique Transalpin, predisposti dall’associazione culturale ARMT, il cui obiettivo è promuovere la risoluzione di problemi per migliorare l’apprendimento e l’insegnamento della matematica tramite un confronto fra classi.
Anche gli alunni provenienti da altri Paesi potrebbero proporre ai compagni problemi nella propria lingua madre, o gli studenti potrebbero scambiarsi problemi con “amici di penna” stranieri anche attraverso piattaforme come eTwinning.
In secondo luogo, anche lavorando su problemi esclusivamente in lingua italiana si possono sviluppare atteggiamenti e abilità utili alla competenza multilinguistica.
Lavorare sui problemi spesso costringe infatti a rappresentare lo stesso concetto in forme diverse (passando da testi, a tabelle, grafici, disegni, formule…) operando alcuni processi mentali che sono simili a quelli che facciamo quando traduciamo da una lingua a un’altra.
Inoltre lavorare sui problemi aiuta i ragazzi ad acquisire consapevolezza su alcune strutture linguistiche (la negazione, la congiunzione, la disgiunzione inclusiva e quella esclusiva, avverbi come “al più” e “almeno”…) che è indispensabile comprendere a fondo per potersi esprimere correttamente sia nella propria lingua madre che in altre lingue.
Competenza matematica
Che la capacità di risolvere problemi abbia a che fare con la competenza matematica crediamo sia condiviso da tutti.
Nel Quadro di riferimento europeo, questo è esplicitato, come è esplicitato il riferimento ai processi matematici.
Su questo aspetto riteniamo utile condividere una riflessione: questi processi si mettono in atto molto più facilmente e in maniera più spontanea (almeno per le persone in età scolare) lavorando in gruppo. È confrontandosi con i compagni che ciascun alunno imparerà a confrontarsi con le proprie convinzioni e a modificarle se necessario, in un processo di apprendimento efficace.
Pensiamo all’argomentare (la raccomandazione del Consiglio europeo parla di seguire e vagliare concatenazioni di argomenti): è più facile imparare ad argomentare se si ha un interlocutore, perché si può capire se le proprie argomentazioni sono convincenti e, soprattutto, perché si crea una motivazione al proprio argomentare (convincere l’altro che è scettico o che la pensa diversamente).
Pensiamo al definire e al descrivere: lavorando in gruppo, ogni alunno può mettere alla prova il proprio agire, perché ha un immediato riscontro, da parte dei pari, del fatto che le proprie definizioni e le proprie descrizioni dicano agli altri ciò che era sua intenzione comunicare.
Pensiamo al congetturare e al verificare (o, per dirla con le parole del Quadro di riferimento, valutare la validità delle affermazioni fatte): questo processo richiede – se si lavora da soli – un controllo sui propri processi di pensiero che non è facile ottenere in bambini e ragazzi. Forse agli adulti è più facile “ripensare al proprio pensiero”, rivedere le proprie posizioni, ripercorrere i ragionamenti che hanno portato a certe conclusioni: per i ragazzi, allenarsi a questo diventa più facile se si lavora insieme, facendo notare gli uni agli altri dove il ragionamento non regge.
I processi descritti qui sopra hanno a che vedere con il pensiero matematico, ma anche con la capacità di comunicare attraverso il linguaggio: ci pare impossibile, lavorando in gruppo sui problemi, coltivare la competenza matematica senza parimenti allenare quella alfabetica funzionale!
Lavorare in gruppo sui problemi fornisce, inoltre, un forte stimolo ad andare più in profondità. Il Quadro di riferimento europeo parla di conoscenza, comprensione e consapevolezza. Ecco, la nostra esperienza come docenti e le sperimentazioni condotte durante i corsi MathUp hanno messo in luce il fatto che lavorare, insieme, sui problemi permette ai ragazzini di ancorare davvero la propria conoscenza ad un apprendimento profondo e consapevole. Soprattutto per i ragazzini più intuitivi, il rischio è quello di passare da una domanda all’altra rimanendo sempre “in superficie”: dover convincere i propri compagni, dover rispondere ai loro “perché?” li costringe invece a quell’approfondimento che si dovrebbe fare comunque ma che, alla loro età, da soli non è per nulla naturale fare.
Competenza digitale
Spesso quando si sente parlare di competenza digitale ci si immagina di aver a che fare solo con il saper utilizzare con sicurezza e cognizione di causa certi dispositivi o certi programmi. In realtà il Quadro di riferimento europeo sottolinea il fatto che questa competenza comprende anche la risoluzione di problemi e il pensiero critico.
Da questo punto di vista, anche se non prevedono l’uso di un dispositivo digitale, i Problemi per matematici in erba forniscono alcune occasioni preziose: la cosa difficile e veramente importante è capire la struttura che soggiace al problema; trovare il modo per comunicare questa struttura ad una macchina è un passo ulteriore, che però non può essere fatto senza aver compreso a fondo informazioni, dati e richieste del problema.
Questo passo ulteriore può essere facilmente proposto ai ragazzi a completamento di alcuni problemi: in certi casi ciò viene fatto esplicitamente, in altri può essere una richiesta ulteriore posta dal docente che voglia far lavorare gli alunni su questo aspetto.
Pensiamo ad esempio al problema L’ultima cifra: lo si può ampliare, chiedendo per esempio di preparare un foglio elettronico che, date base ed esponente, restituisca l’ultima cifra della potenza.
La stessa cosa si può fare con il problema Affettare un quadrato: una volta che il problema è risolto nel caso generale, si può chiedere agli alunni di tradurre la relazione algebrica ottenuta in una formula comprensibile da un foglio elettronico in modo tale che, dato il numero di parti in cui è suddiviso il lato del quadrato, esso restituisca il numero dei quadratini che si creano con le caratteristiche richieste dal problema.
In altri problemi, come Cosa si può fare con cinque quadretti, si potrebbe aggiungere invece una ulteriore richiesta nella direzione di disegnare con un qualche programma (ad esempio GeoGebra) le soluzioni trovate.
In alcuni problemi, inoltre, come Il fregio di Halloween sono presenti domande che esplicitamente vanno nella direzione di un “avvio al pensiero algoritmico”: risolto il problema, si chiede agli alunni di scrivere delle istruzioni precise da dare a qualcuno (o a qualcosa, come una macchina) che debba fare i conti al posto loro.
È soprattutto la modalità con la quale proponiamo che siano affrontati i problemi (il lavoro in gruppo seguito da una discussione collettiva) che ci fa dire che le attività di Problemi per matematici in erba possono essere utili per coltivare la competenza sociale e la capacità di imparare a imparare.
Nella raccomandazione del Consiglio europeo si parla di gestire efficacemente il tempo, di lavorare con gli altri in maniera costruttiva, di empatizzare, di gestire il conflitto in un contesto favorevole e inclusivo, di lavorare in modalità collaborativa, di saper comunicare costruttivamente in ambienti diversi, di collaborare nel lavoro in gruppo, di negoziare. Si dice anche che questo prevede manifestare tolleranza ed esprimere e comprendere punti di vista diversi e che si basa su un atteggiamento improntato a collaborazione, al rispetto della diversità degli altri e delle loro esigenze, alla disponibilità sia a superare i pregiudizi, sia a raggiungere compromessi.
Dalla nostra esperienza, ma soprattutto dalle relazioni dei tanti docenti che durante i corsi MathUp hanno sperimentato problemi e laboratori, emerge in modo evidente come il lavorare in gruppo per affrontare e risolvere problemi contribuisca a far sviluppare nei ragazzi queste modalità e questi atteggiamenti.
I conflitti emergono, e il dover convincere gli altri argomentando (e non, invece, sovrastandoli) aiuta a gestirli.
I problemi, spesso, possono essere risolti seguendo strategie diverse: condividerle e apprezzarle tutte si è rivelato un buon modo per valorizzare i punti di vista diversi e per scoprire che spesso non c’è un solo modo per arrivare a una soluzione: anzi, strade apparentemente molto diverse possono portare entrambe allo stesso risultato corretto.
Risolvere i problemi spesso richiede di far uso di abilità diverse (non si tratta sempre e soltanto, per esempio, delle abilità di calcolo): questo aiuta tantissimo i ragazzi a superare i pregiudizi e ad apprezzare le diversità. E risolvendo insieme problemi che richiedono abilità diverse, i ragazzi imparano a conoscere sé stessi e gli altri e ad apprezzare negli altri quelle abilità che singolarmente magari non hanno (ammettendo, con assoluta sincerità, che nessuno sa né può sapere tutto).
Scrive in proposito una docente che ha sperimentato alcuni problemi (I cappelli di Giuliano, L’ultima cifra e Cosa si può fare con cinque quadretti) nelle sue classi durante i corsi MathUp:
È stata per me una scoperta entusiasmante: è incredibile quante cose riescono a vedere e a fare i ragazzi (anche quelli considerati non bravi)!
E scrive un alunno che ha partecipato alla medesima sperimentazione:
Mi è piaciuto molto lavorare in gruppo, perché si può discutere sulle diverse idee.
A questo punto ci sembra però doverosa una precisazione. Lavorare in gruppo sui problemi aiuta sicuramente a sviluppare la competenza personale, quella sociale e la capacità di imparare ad imparare, ma non è né potrebbe essere una bacchetta magica o una panacea.
Siamo convinti che la crescita dei ragazzi nella direzione dei traguardi segnati da queste competenze sia un cammino tortuoso, non lineare, inevitabilmente segnato da fasi alterne: a noi insegnanti sta insistere, senza scoraggiarci di fronte agli inevitabili insuccessi momentanei.
Imparare a imparare
Nell’imparare a imparare rientrano, sempre secondo le indicazioni contenute nel Quadro di riferimento europeo, la capacità di individuare le proprie capacità, di concentrarsi, di gestire la complessità, di riflettere criticamente e di prendere decisioni, la capacità di organizzare il proprio apprendimento e di perseverare, di saperlo valutare e condividere, di cercare sostegno quando opportuno, di gestire l’incertezza e lo stress.
Affrontare problemi belli, nel senso che abbiamo dato a questa parola nella pagina Un bel problema, ci sembra davvero una buona occasione per allenare quanto detto qui sopra.
I ragazzi si trovano di fronte a situazioni complesse, nelle quali non basta applicare la regola appena imparata o seguire la procedura dettata dall’insegnante.
I ragazzi, insieme, si trovano a dover confrontare le proprie posizioni, riflettere su di esse e decidere quale assumere come rappresentativa di tutto il gruppo.
Gli alunni, insieme, scoprono quanta fiducia abbia l’insegnante nelle loro capacità (lo scoprono perché si vedono affidare un problema difficile, non una esercitazione banale); e questa fiducia è il miglior punto di partenza per imparare a gestire le proprie incertezze e la tensione che si prova di fronte a ciò che è nuovo.
Nelle raccomandazioni del Consiglio europeo si trova ancora uno spunto che ci incoraggia nella direzione di attività costruite attorno ai problemi, anche al fine di coltivare la competenza personale, sociale e in materia di imparare ad imparare:
Un atteggiamento improntato ad affrontare i problemi per risolverli è utile sia per il processo di apprendimento sia per la capacità di gestire gli ostacoli e i cambiamenti. Comprende il desiderio di applicare quanto si è appreso in precedenza e le proprie esperienze di vita nonché la curiosità di cercare nuove opportunità di apprendimento e sviluppo nei diversi contesti della vita.
Competenza in materia di cittadinanza
Nelle scuole succede, a volte, che si pensi che la competenza in materia di cittadinanza si coltivi solo nelle ore di “educazione civica” o di “storia” o attraverso percorsi interdisciplinari di grande portata. Non è così, ovviamente, e siamo convinti che anche un’attività prettamente matematica come la risoluzione di problemi possa essere un buon elemento per educare alla cittadinanza attiva e consapevole.
Nelle citate Raccomandazioni del Consiglio europeo si legge:
La capacità di impegnarsi efficacemente con gli altri per conseguire un interesse comune o pubblico […] presuppone la capacità di pensiero critico e abilità integrate di risoluzione dei problemi, nonché la capacità di sviluppare argomenti e di partecipare in modo costruttivo alle attività della comunità.
Siamo convinti che il pensiero critico e l’abilità di risolvere i problemi della società si possano coltivare fin da bambini, attraverso la ricerca di soluzioni motivate, argomentate e condivise ai problemi (anche ai problemi di matematica). Anzi, questo potrebbe addirittura rischiare di diventare un antidoto al diffondersi di credenze anti-scientifiche tipico del nostro tempo.
Così come siamo convinti che la capacità di sviluppare argomenti e di partecipare in modo costruttivo alle attività della comunità possa passare anche nel risolvere i problemi (di matematica). Spesso infatti i ragazzi si troveranno a dover difendere le proprie idee, argomentando, e a dover ascoltare le idee degli altri, eventualmente criticandole costruttivamente.
Competenza imprenditoriale
Un riferimento ai problemi si trova, leggendo il Quadro di riferimento europeo, anche quando si parla di competenza imprenditoriale:
La competenza imprenditoriale […] si fonda sulla creatività, sul pensiero critico e sulla risoluzione di problemi, sull’iniziativa e sulla perseveranza, nonché sulla capacità di lavorare in modalità collaborativa al fine di programmare e gestire progetti che hanno un valore culturale, sociale o finanziario. […] Le capacità imprenditoriali si fondano sulla creatività, che comprende immaginazione, pensiero strategico e risoluzione dei problemi, nonché riflessione critica e costruttiva in un contesto di innovazione e di processi creativi in evoluzione.
Siamo convinti che un bel problema, per quanto sia “solo” un problema di matematica, possa davvero educare i ragazzi a usare la propria creatività e il proprio pensiero critico per un fine comune.
Competenza in materia di consapevolezza ed espressione culturale
Nelle Raccomandazioni del Consiglio europeo non si parla di problemi in riferimento alla competenza in materia di consapevolezza ed espressione culturali. Si parla però di idee e significati:
La competenza in materia di consapevolezza ed espressione culturali implica la comprensione e il rispetto di come le idee e i significati vengono espressi creativamente e comunicati in diverse culture e tramite tutta una serie di arti e altre forme culturali. Presuppone l’impegno di capire, sviluppare ed esprimere le proprie idee e il senso della propria funzione o del proprio ruolo nella società in una serie di modi e contesti.
La matematica è una delle forme culturali che l’uomo ha sviluppato e proporre agli alunni problemi belli (sempre nel senso esplicitato nella pagina Un bel problema) è un buon modo per avvicinarli alle idee della matematica; certo un modo migliore rispetto a quello che prevede solo di allenarli a procedure e tecnicismi.
Del resto, al termine di un anno in cui nella sua classe si sperimentavano le attività proposte nel corso MathUp per la classe prima della scuola secondaria di primo grado, un alunno ha scritto:
La matematica è… un modo di esprimersi!