Il rombo di carta


Per condividere con gli alunni il video che presenta questo problema, fornire il seguente link:
https://youtu.be/pOAilmWhhEQ

Domande e risposte

Questo video-problema incomincia con il far osservare ai ragazzi che cosa succede quando si piega un foglio di carta rettangolare con i lati di lunghezze diverse (cioè che non sia un quadrato) lungo una delle sue diagonali e prosegue dando le istruzioni per costruire un rombo.
La professoressa piega a metà il foglio rettangolare (lungo l’asse di due lati), poi piega ulteriormente a metà (con una piega perpendicolare alla prima): ottiene così un rettangolo le cui dimensioni sono la metà di quelle del foglio di partenza.
Piega poi questo rettangolo lungo una delle due diagonali, fingendo di aspettarsi di ottenere un rombo: quando apre il foglio, però, si accorge che le pieghe tracciate disegnano, alla riapertura del foglio, le diagonali e gli assi del rettangolo di partenza, ma… niente rombo!
Ripete (apparentemente) la stessa procedura, ottenendo finalmente un rombo. La domanda che pone, di conseguenza, è questa: “Che cosa è successo? Perché prima non è venuto un rombo? Dove ho sbagliato?”

Il punto è che, riferendosi al rettangolo piccolo ottenuto con le prime due pieghe, non è indifferente piegare lungo l’una o lungo l’altra delle due diagonali. Infatti, se si tiene presente il foglio da cui siamo partiti, la situazione non è più simmetrica:

  • una delle due diagonali passa per quel vertice (del rettangolo piccolo) che corrisponde al centro del foglio di partenza; la piega fatta lungo questa diagonale produce le diagonali del foglio rettangolare;
  • l’altra diagonale non passa per quel vertice; la piega fatta lungo questa diagonale produce il rombo che ha vertici nei punti medi dei lati del foglio.

Tutte le domande poste successivamente, in realtà, trovano risposta nel video stesso e sono, più che dei problemi da risolvere, degli stimoli a ripensare a quanto visto e sentito, soprattutto se l’insegnante chiederà agli alunni di motivare le proprie risposte. Questi ripensamenti sono volti in particolare a far riconoscere ai ragazzi che la prima impressione visiva che hanno sul quadrilatero ottenuto dalle pieghe, cioè che si tratti di un rombo, è effettivamente corretta: sono proprio le pieghe a garantirci che questo quadrilatero gode delle proprietà che caratterizzano il rombo.

  • Come sono i lati del quadrilatero ottenuto? Uguali o diversi? Questo ci basta per dire che si tratta di un rombo?
    Il quadrilatero ottenuto con la terza piega ha tutti i 4 lati uguali, perché per l’appunto corrispondono tutti alla stessa piega: proprio per questo motivo siamo sicuri che si tratta di un rombo.
  • Che angolo formano le diagonali del quadrilatero ottenuto? Lo possiamo stabilire solo grazie al fatto che sappiamo che si tratta di un rombo o anche per come sono state fatte le pieghe?
    Le diagonali del quadrilatero ottenuto sono perpendicolari; avendo già stabilito che si tratta di un rombo, non ci sarebbe bisogno di verificarlo, ma si potrebbe anche anticipare questa osservazione e notare che l’angolo tra le diagonali è retto perché esse corrispondono alle prime due pieghe, che sono tra loro perpendicolari.
  • Come sono gli angoli di questo rombo? Uguali o diversi?
    Gli angoli del rombo corrispondono, nel foglio rettangolare di partenza, agli angoli che formano  fra di loro le due diagonali. E, se il rettangolo non è un quadrato, questi non sono angoli retti.
  • Com’è la superficie del rombo così ottenuto in rapporto a quella del foglio rettangolare da cui siamo partiti?
    La superficie del rombo è la metà di quella del foglio di partenza;  infatti, ciascuno dei quattro rettangoli in cui il foglio di partenza risulta diviso dalle prime due pieghe viene diviso a sua volta dalla terza piega in due triangoli uguali fra loro (la terza piega li sovrappone!) e quindi di uguale area, uno dei quali interno e l’altro esterno rispetto al rombo.

Commenti

Il problema descritto in questo video, per quanto apparentemente sia costruito “solo” attorno alle proprietà del rombo, vuole essere anche una occasione per riflettere sulla simmetria.

La domanda concretamente rivolta agli alunni è solo una, ma vengono proposti molti altri spunti: starà all’insegnante decidere, a seconda della classe che ha di fronte, quanto entrare in profondità sulle diverse questioni che il problema apre.

Un problema significativo

All’inizio del video l’insegnante fa osservare ai ragazzi che, piegando un rettangolo (con i lati consecutivi diversi fra loro) lungo una delle sue diagonali, i vertici opposti che non stanno sulla piega non vanno a sovrapporsi. Non è raro che questo fatto sorprenda i ragazzi: a priori essi sono spesso convinti che, quando si piega il foglio rettangolare lungo la diagonale, le due metà del foglio si sovrappongano.

In effetti, la retta che contiene la diagonale non è un asse di simmetria del rettangolo.

Può sembrare un’osservazione banale, per noi adulti abituati a riconoscere le simmetrie, ma non è detto che lo sia anche per i ragazzini, che spesso invece associano l’idea di asse di simmetria a quella di “retta che divide a metà”, cadendo così in errore, anche sulla diagonale del rettangolo.

Piegando un foglio rettangolare lungo una diagonale, gli angoli opposti che non stanno sulla piega non vanno a sovrapporsi

Metacognizione

Attraverso le domande che vengono poste agli alunni, non ci si limita qui a fornire delle istruzioni affinché loro, diligenti esecutori, facciano determinate operazioni, ma si stimolano i ragazzi a riflettere su ciò che si sta facendo, a essere consapevoli delle conseguenze di ciascuna azione e del perché si agisce in un modo piuttosto che in un altro.

Questa può essere una buona lezione sull’imparare: non si è imparato qualcosa fino in fondo se non si è capito (oltre al “come” si fa) anche il “perché” si fa in quel modo.

Un percorso a ritroso

Questo problema si può anche considerare un percorso a ritroso, dal momento in cui, volendo motivare le nostre affermazioni, dobbiamo, dopo aver effettuato la costruzione, tornare indietro per comprendere quali sono state le conseguenze delle singole pieghe sulle proprietà delle figure ottenute.

Un problema aperto

ricerca di quadrilateri simmetrici

Il primo fatto che, attraverso il video, l’insegnante pone all’attenzione dei ragazzi è questo: piegando un foglio rettangolare lungo una diagonale, i vertici opposti non finiscono uno sull’altro, non vanno a sovrapporsi. A partire da questa osservazione, come abbiamo visto, possono nascere considerazioni sul tipo di simmetria del rettangolo, ma si può anche ampliare il problema ponendo altre domande, o dando voce alle domande che possono sorgere dai ragazzi.

In particolare, si può chiedere agli alunni: quale forma potrebbe avere un quadrilatero di carta, per essere sicuri che, piegando lungo una diagonale (una qualsiasi? tutt’e due?), i vertici opposti che non stanno sulla piega finiscano col sovrapporsi?
È una domanda che può sembrare banale, ma che – nelle classi in cui l’abbiamo posta – ci ha permesso di tornare su tanti concetti, di dare valore alle immagini che si formano nella mente dei nostri ragazzi quando pensano alla simmetria, ma anche di dare valore alle parole del linguaggio specifico della matematica.

La risposta corretta che più volte abbiamo ricevuto è questa: il foglio potrebbe avere forma quadrata.

Piegando un foglio di forma quadrata lungo una delle diagonali, i vertici opposti che non stanno sulla piega vanno a sovrapporsi - problema sulla simmetria dei quadrilateri

Alcuni alunni però si sono spinti anche oltre, proponendo di utilizzare un foglio a forma di rombo.

Piegando un foglio a forma di rombo lungo una delle diagonali, i vertici opposti che non stanno sulla piega vanno a sovrapporsi - problema sulla simmetria dei quadrilateri

Chi ha avuto la possibilità di coltivare di più la propria immaginazione, riesce a pensare anche a quadrilateri più “strani”. Alcuni alunni, per esempio, hanno pensato a un “quadrilatero formato da due triangoli isosceli attaccati”. Ecco allora che, a partire da risposte come questa, si possono sollecitare interessanti discussioni: è corretta? è sbagliata? va specificato meglio come i due triangoli vanno attaccati? va specificato meglio lungo quale diagonale si piegano?

Come spesso accade, è dalle risposte sbagliate che possono prendere spunto le discussioni più interessanti ed è dalle discussioni attorno alle risposte sbagliate che tutti – insegnanti e alunni – possono acquisire più consapevolezza.
Nelle classi in è stata posta questa domanda, ad esempio, si è andati oltre all’iniziale quadrilatero e alcuni alunni hanno risposto che il foglio poteva avere forma di triangolo isoscele (pensando – giustamente – che il triangolo isoscele ha un asse di simmetria) o poteva essere circolare (pensando – anche in questo caso giustamente – di poter piegare lungo un qualsiasi diametro facendo combaciare esattamente ogni punto di un semicerchio con un punto dell’altro semicerchio). Questa è stata l’occasione per riparlare di diagonali (un concetto tanto semplice quanto facile ad essere frainteso e soggetto a stereotipi), di vertici e di vertici opposti.

considerazioni sulla simmetria del rettangolo

Quando abbiamo chiesto, in classe, di motivare perché, piegando il foglio di carta rettangolare, i vertici opposti che non stanno sulla piega non finiscano col sovrapporsi, non pochi alunni hanno pensato di giustificare il fatto in questione dicendo che “il rettangolo non è un poligono regolare”.
Una risposta di questo genere può essere l’occasione per far riflettere i ragazzi  in modo “concreto” sull’implicazione: è vero che il rettangolo non è un poligono regolare e che, quando lo pieghiamo lungo una diagonale, i vertici opposti non vanno a sovrapporsi; è vero anche che il quadrato, invece, è un poligono regolare e che, quando lo pieghiamo lungo una diagonale, i vertici opposti vanno a sovrapporsi; ma… come la mettiamo, per esempio, con il rombo, o con l’aquilone (un quadrilatero con due coppie di lati consecutivi congruenti), che non sono poligoni regolari ma che si possono piegare lungo una diagonale in modo da far combaciare i vertici opposti?
Allenare i ragazzi a questi esempi e controesempi, a distinguere i nessi di causalità dalle semplici concomitanze è una delle occasioni da non perdere che possono essere date da questo problema.

C’è anche un altro motivo per cui ci pare significativo usare la simmetria del rettangolo per giustificare il comportamento del foglio rettangolare quando lo si piega.

Nei percorsi di apprendimento, non sempre viene utilizzata la piegatura della carta per fornire un modello di riflessione: a volte per esempio vengono utilizzati gli specchi, altre volte si fa riferimento solo ai disegni, magari su carta a quadretti. Naturalmente, una volta che il concetto astratto di riflessione si è consolidato, sarà facile passare con agilità da un modello all’altro, ma altrettanto naturalmente non è così quando il concetto si sta formando. Come docenti dobbiamo tenere presente che il confronto fra modelli diversi può essere per i ragazzi una difficoltà non irrilevante e che però è proprio da questo confronto che nasce poi il concetto astratto, sicché è assolutamente importante non stereotipare un concetto su un solo modello, ma cercare di sciogliere, nel tempo, la difficoltà insita nel passaggio da un modello all’altro.

il numero di pieghe e il numero di parti

Nelle classi in cui abbiamo proposto questa attività è stato interessante notare come, dopo aver visto il video, alla richiesta “In quante parti è stato diviso il foglio iniziale dalle 3 pieghe effettuate dall’insegnante?” le risposte non siano state univoche.

Nel video viene ampiamente mostrato il foglio riaperto dopo le tre pieghe: sia nel primo che nel secondo caso esso è diviso in otto triangoli rettangoli uguali fra loro. Eppure, terminato il video, alcuni ragazzi hanno affermato che “il foglio viene diviso in 3 parti, perché sono state fatte 3 pieghe”; e altri hanno ribattuto dicendo che “le parti sono 6, perché ciascuna delle 3 pieghe divide il foglio in due parti e 3 per 2 fa 6”. Cosicché la domanda, posta semplicemente con l’intento di riflettere sul rapporto tra l’area del rombo e quella del rettangolo, ha aperto la discussione in tutt’altra direzione: quella della corrispondenza tra il numero di volte in cui un pezzo di carta viene tagliato a metà e il numero di parti in cui il foglio stesso risulta diviso dalle pieghe.

Le risposte strampalate che abbiamo citato prima possono essere l’occasione anche per un’ulteriore riflessione. Forse i ragazzi di seconda media che hanno risposto in questo modo avevano guardato il video con poca attenzione, probabilmente non avevano provato a riprodurre le pieghe su un foglio, o forse hanno semplicemente attivato quella che a volte ci sembra di poter chiamare la “modalità cervello: off”. È triste, e dal nostro punto di vista paradossale, ma è sotto gli occhi di tutti gli insegnanti il fatto che, a volte, quando i ragazzi sentono una domanda “di matematica”, smettono di ragionare, non pensano più a ciò che hanno visto con i loro occhi o a ciò che potrebbero immaginare a buon senso, e si sentono semplicemente in dovere di usare i numeri che hanno a disposizione per fare un calcolo, non importa quale esso sia.
Del resto, questa strana idea della matematica come qualcosa in cui non serva il ragionamento è molto diffusa, non solo a scuola e non solo tra gli alunni. Quale idea della matematica traspare dalla “Prova di intelligenza” pubblicata su “La Settimana enigmistica” che riportiamo qui sotto?

Anche la "Settimana enigmistica" sembra essere del parere che matematica e ragionamento stiano agli antipodi! "Il numero esatto. 2207-esima prova d'intelligenza. Si tratta di determinare un cento numero basandosi solo sul ragionamento, e cioè senza alcun ricorso alla matematica..."

Uno degli obiettivi che l’insegnante si può porre proponendo problemi su problemi ai propri matematici in erba è proprio quello di sfatare questo falso mito sulla matematica.

Un problema di matematica con effetto sorpresa

Malgrado questo problema probabilmente non stupisca con effetti speciali, una sorpresa c’è ed è proprio all’inizio, nel momento in cui la professoressa sbaglia!
Non che sia sorprendente che una professoressa faccia errori, ma potrebbe esserlo il fatto che lo ammetta, senza spaventarsi, e che – anzi – chieda aiuto agli alunni per comprendere il motivo dei propri errori.

Il fatto che i ragazzi si stupiscano o meno di questo atteggiamento dipende, naturalmente, da come sono abituati: in ogni caso crediamo che sia uno stratagemma che, usato ad arte anche in altre occasioni, può spesso essere utile per richiamare l’attenzione dei ragazzi e quindi anche motivarli a trovare una risposta (magari… “per essere più bravi della prof…”).

Scenari possibili

L’attività di manipolazione proposta in questo video-problema è semplice, per chi ha un minimo di confidenza con la piegatura della carta.
Per bambini della scuola primaria anche il fatto di seguire le istruzioni date per riprodurre le pieghe in modo corretto può non essere banale; per ragazzi della scuola secondaria di primo grado, invece, ad essere sfidanti possono essere le richieste di motivazione.

Materiale necessario

Sarebbe bene che gli alunni guardassero il video avendo a disposizione almeno un paio di fogli di carta rettangolari.

Problemi collegati

Un altro video-problema che ha a che vedere con i rombi e con le piegature della carta è “Una cornice fatta di rombi“, di prossima pubblicazione. Se qui il rombo è il punto di partenza per parlare di simmetria, là diventa l’occasione per parlare di similitudini.


Le tre piramidi e il cubo

Per condividere con gli alunni il video che presenta questo problema, fornire il seguente link:
https://youtu.be/-YKYb50LzY8

Soluzione

Ciascuna piramide ha 5 facce: un quadrato, due triangoli rettangoli isosceli uguali tra loro e altri due triangoli rettangoli uguali tra loro.
Ciascuna piramide ha 8 spigoli e 5 vertici.

Disegno di una delle tre piramidi identiche che insieme formano un cubo

Se lo spigolo del cubo che si ottiene unendo le tre piramidi misura 7 cm, le misure richieste  nel problema (facendo riferimento alla figura qui sopra) sono le seguenti:

  • i segmenti AB, BC, CD, DA, AV sono tutti spigoli del cubo e quindi misurano 7 cm;
  • i segmenti BV e DV sono diagonali delle facce del cubo e misurano 7√2 cm (ossia circa 9,9 cm);
  • il segmento CV è la diagonale del cubo e quindi misura 7√3 cm (ossia circa 12,1 cm);
  • l’area della base ABCE misura 49 cm2;
  • l’area dei triangoli rettangoli isosceli ABV e ADV misura 24,5 cm2;
  • l’area dei triangoli rettangoli BCV e DCV misura 24,5√2 cm2;
  • il volume della piramide misura 49×7/3 cm3=343/3 cm3 ossia circa 114,3 cm3.

Lo sviluppo piano della piramide descritta può essere rappresentato in modi diversi, ad esempio:

tre possibili sviluppi piani della piramide

Se indichiamo con s la misura dello spigolo del cubo che si ottiene unendo le tre piramidi, le misure richieste  nel problema (facendo riferimento alla figura qui sopra) sono le seguenti:

  • i segmenti AB, BC, CD, DA, AV hanno lunghezza s;
  • i segmenti BV e DV misurano √2s;
  • il segmento CV misura √3s;
  • l’area della base ABCE misura s2;
  • l’area dei triangoli rettangoli isosceli ABV e ADV misura s2/2;
  • l’area dei triangoli rettangoli BCV e DCV misura s2√2/2;
  • il volume della piramide misura s3/3.

Commenti

Un problema significativo

“Le tre piramidi e il cubo” permette, manipolando e osservando oggetti molto semplici, di avvicinarsi ad alcuni fatti della geometria solida elementare che tanto elementari non sono.

Per prima cosa, il problema fornisce un esempio concreto di piramide che (pur essendo una semplicissima piramide a base quadrata) è diversa da quelle che fanno parte dell’immaginario collettivo (come le piramidi d’Egitto) e che sono piramidi rette (ossia piramidi nelle quali il piede dell’altezza cade nel centro della circonferenza inscritta nel poligono di base). È buffo vedere come nei libri di testo della scuola media non si lavori mai su piramidi che non siano rette!

In secondo luogo, il problema permette di visualizzare la diagonale del cubo e la diagonale delle facce del cubo. Un altro modello molto utile a questo scopo è quello dello “scheletro” di un cubo costruito, per esempio, con cannucce e scovolini da pipa.

Inoltre questo problema rende visibile, in un caso particolare, il fatto che il volume di una piramide è 1/3 del volume di un parallelepipedo con lo stesso poligono di base e la stessa altezza. Non si tratta di una dimostrazione, chiaramente: è però un buon modo per convincere i ragazzi del fatto che la “formula” che trovano sul libro è plausibile e per rendere quella stessa formula più facile da memorizzare.

Metacognizione

“Le tre piramidi e il cubo” insegna, a proposito dell’apprendimento, che a volte possiamo conoscere meglio qualcosa scomponendolo in parti o, viceversa, componendo parti più semplici a formare un tutt’uno più complesso.

Questa abilità del passare dalla parte al tutto (e viceversa) o da un problema a dei sotto-problemi (e viceversa) si costruisce nel tempo, anche affrontando problemi come questo, in cui la parte e il tutto sono oggetti concreti.

Un problema memorabile

Come si diceva poco sopra, è probabile che i ragazzi, dopo aver toccato con mano le tre piramidi e il cubo che esse formano, ricordino più facilmente il fattore 1/3 nella formula che lega il volume della piramide all’area di base e all’altezza.

Un problema aperto

Una delle direzioni verso le quali è possibile proseguire il discorso aperto da “Le tre piramidi e il cubo” è quella dell’avvio all’algebra.
Nel video viene chiesto ai ragazzi più grandi (immaginiamo quelli della classe terza della scuola secondaria di primo grado, ma tutto dipende dal livello di confidenza raggiunto nell’uso delle lettere come numeri) di esprimere le lunghezze degli spigoli e le aree delle superfici delle facce della piramide in funzione della misura s dello spigolo del cubo.

A meno che i ragazzi abbiano già imparato a memoria eventuali formule presenti sul libro di testo, la cosa più difficile è manipolare l’algebra che permette di determinare, applicando il teorema di Pitagora, le misure della diagonale del quadrato e della diagonale del cubo.

La misura della diagonale BV della faccia del cubo è data da

√(s2+s2)=√(2s2)=√2·√s2=√2·s

La misura della diagonale CV del cubo è data da

√(s2+(√2·s)2)=√(s2+2s2)=√(3s2)=√3·√s2=√3·s.

Se i ragazzi da soli non riuscissero in questa “impresa”, vale la pena di accompagnarli, perché questo calcolo (se non lo si fa diventare un mero esercizio di tecniche imparate a memoria) permette di ritornare sulla definizione di radice quadrata e sul suo significato.
È esperienza comune di noi insegnanti, infatti, quella di ragazzini (e non solo ragazzini!) che sanno calcolare la radice quadrata di quadrati perfetti grandissimi, o sanno approssimare la radice quadrata dei numeri più strani (usando le tavole numeriche, la calcolatrice, o qualche algoritmo imparato più o meno a fatica), ma poi non sanno rispondere a domande come “qual è il quadrato di √3?” o che, per rispondere a domande tipo “qual è la radice quadrata del quadrato di 57?” prima calcolano il prodotto di 57×57 e poi estraggono la radice quadrata.

Trovare l’area delle facce della piramide non dovrebbe creare grosse difficoltà:

  • il quadrato di base ha area s2;
  • le facce a forma di triangolo rettangolo isoscele sono metà quadrato, quindi hanno area s2/2;
  • le altre due facce hanno ciascuna area
    (s·√2·s)/2=(√2·s2)/2.

Nelle classi in cui abbiamo proposto questo problema è stato interessante chiedere l’area totale della superficie dello sviluppo piano della piramide. Si è infatti creata l’occasione per rispondere, con un esempio, a una domanda pressante da parte dei ragazzi: a che cosa serve il calcolo letterale? L’espressione che si ottiene  applicando la proprietà distributiva alla somma delle singole aree è questa:
(2+√2)s2.
I ragazzi vedono immediatamente che questa espressione, anche se ha richiesto un po’ di “lavoro con le lettere” è più facile da gestire (ad esempio se chiediamo ai ragazzi di disegnarne il grafico o di farlo disegnare ad un foglio di calcolo) rispetto a quella “non semplificata”:
s2+2·(s2/2)+2·(√2·s2)/2.
Inoltre è interessante notare, insieme ai ragazzi, che le due espressioni possono essere entrambe utili per capire cose diverse: se la prima dice immediatamente che la misura della superficie dello sviluppo piano della piramide dipende solo dallo spigolo di base ed è direttamente proporzionale al suo quadrato, la seconda è di lettura meno immediata, ma può essere utile per mettere in evidenza l’area delle singole facce della piramide.

Un problema di matematica con effetto sorpresa

Nel video l’effetto sorpresa è “vanificato” dal fatto che il cubo viene mostrato presto. Ma può essere riconquistato facendo effettivamente costruire ai ragazzi le tre piramidi (una volta scoperto come deve essere lo sviluppo piano) e lasciando che essi chiedano ad amici e parenti se riescono a ricostruire, con esse, un cubo.

Scenari possibili

Il problema è, nel suo complesso, particolarmente adatto alle classi terze della scuola secondaria di primo grado o alle classi prime della scuola secondaria di secondo grado.
Evitando di indugiare sulla domanda che richiede un minimo di confidenza con l’uso delle lettere per esprimere numeri, può essere però anche molto adatto per una classe seconda media, come problema in cui si vede concretamente applicato, in modo significativo, il teorema di Pitagora.
E ancora: se ci si limita alla prima richiesta (contare i vertici e gli spigoli e descrivere la forma delle facce) può essere proposto anche a classi prime della scuola secondaria di primo grado o ad alunni della scuola primaria.

Materiale necessario

Nel caso in cui si chieda ai ragazzi di costruire le piramidi, sono necessari cartoncino, materiale da disegno, forbici e nastro adesivo.

Problema tratto da…

Le tre piramidi e il cubo è tra i Problemi per matematici in erba citati in Diario di bordo (Sofia Sabatti, edizioni mateinitaly, 2020), un testo nel quale alcuni dei problemi presentati in questo sito vengono contestualizzati all’interno di un anno scolastico vissuto da una classe terza della scuola secondaria di primo grado.


C’è scatola e scatola

Alice e Vanessa sono sorelle e, come spesso accade, sono sempre molto attente a che una non riceva (da nonni, genitori o adulti in generale) qualche cosa in più dell’altra, che si tratti di attenzioni, di regali o del permesso di fare qualcosa.
Con grande gioia della mamma stanno mettendo in ordine la loro camera e vorrebbero avere una scatola per ciascuna, in cui mettere i propri braccialetti. Si mettono così a cercarle nell’armadietto dove sono riposte tutte le vecchie scatole vuote (di biscotti, di scarpe, di caffè, di cioccolatini…), ma dopo poco nasce un litigio furibondo, perché non ne trovano due uguali.
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Affettare un quadrato

Partiamo da un quadrato, mettendone in evidenza i lati (in figura colorati in rosso); tagliamolo in quadratini, dividendo ogni lato in tre parti uguali; come vediamo dalla figura, dei 9 quadratini ottenuti, uno non ha lati rossi, 4 hanno un solo lato rosso, 4 ne hanno due e nessuno ne ha più di due.

Un quadrato con i lati colorati di rosso, tagliato in nove quadratini, dividendo ciascun lato in tre parti uguali.

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